Uno studio internazionale, che ha visto la partecipazione di ricercatori della Sapienza Università di Roma, ha descritto un nuovo meccanismo molecolare che contribuisce all’inibizione della risposta immunitaria nel glioblastoma da parte di una specifica popolazione cellulare immunitaria, esasperando così l’aggressività di questo tumore. I risultati di questo studio, pubblicato sulla rivista Immunity, propongono nuovi bersagli cellulari e molecolari per il disegno di approcci terapeutici innovativi per il glioblastoma
Il glioblastoma è la forma più aggressiva di tumore cerebrale nell’adulto e le opzioni terapeutiche oggi disponibili sono molto limitate. La marcata ipossia (mancanza di ossigeno) e l’immunosoppressione che caratterizzano il microambiente di questo tumore rendono inefficaci anche le più recenti strategie di immunoterapia.
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Immunity, frutto della collaborazione tra i ricercatori del Moffitt Cancer Center di Tampa in Florida, coordinati da Filippo Veglia, e i ricercatori del Dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza Università di Roma, coordinati da Aurelia Rughetti, ha identificato una sottopopolazione di cellule immunitarie, i macrofagi, caratterizzata da livelli elevati del recettore del glucosio (GLUT1) che mostrano una marcata capacità immunosoppressoria, in grado di inibire la risposta immunitaria e favorire la progressione del glioblastoma.
“Il nostro lavoro – spiega Aurelia Rughetti della Sapienza – ha evidenziato che l’attività immunosoppresssoria dei macrofagi GLUT1+ presenti nel tumore è regolata a livello epigenetico dalla lattilazione, che prevede l’aggiunta del lattato sui residui di lisina degli istoni. Questo meccanismo molecolare, recentemente descritto, sembra essere responsabile della riprogrammazione metabolica della popolazione macrofagica GLUT1+ che risulta così in grado di sopprimere i linfociti T anti-tumorali.
La caratterizzazione di questa popolazione cellulare immunosoppressoria e l’identificazione del meccanismo molecolare con cui i macrofagi sono riprogrammati nel tumore rappresentano nuovi potenziali target per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici con cui rimuovere il blocco dell’immunosoppressione e poter così potenziare l’efficacia delle terapie immunologiche.
Al progetto hanno partecipato i dottorandi Alessio Ugolini, Fabio Scirocchi e Angelica Pace del Dottorato di Network Oncology and Precision Medicine coordinati da Aurelia Rughetti e Marianna Nuti del Dipartimento di Medicina Sperimentale e i clinici Luca D’Angelo e Antonio Santoro della UOC di Neurochirugia del Policlinico Universitario Umberto I.