È una patologia da non sottovalutare, la sindrome di burnout colpisce uno su dieci medici di famiglia, uno su quattro guardie mediche, il 4% degli ospedalieri ed il 3% degli odontoiatri.
Il dato emerge dal sondaggio dell’Istituto Piepoli presentato a Roma alla Conferenza nazionale sulla Questione medica. Il burnout (letteralmente bruciarsi) è un esaurimento emotivo, fisico e mentale, classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come forma di stress lavorativo che non si è in grado di gestire con successo. In linea generale si tratta di un processo patologico che interessa vari operatori e professionisti, in particolare coloro che sono impegnati in attività quotidiane e ripetute e che implicano relazioni interpersonali.
La ricerca dell’Istituto Piepoli è stata commissionata dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO).
“I medici sono in difficoltà – ha spiegato il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli -. Le criticità che già affliggevano la professione, la carenza di personale, i mancati investimenti, la mentalità aziendalista volta a far quadrare i bilanci più che a definire obiettivi di salute, sono state acuite dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia. È per sanare questo disagio, e per tornare protagonisti del Servizio Sanitario Nazionale nel momento cruciale della sua riforma che, un anno fa, la Fnomceo, insieme ai sindacati medici, ha sollevato quella che abbiamo definito “la Questione medica”. Oggi, ci ritroviamo qui, tutti insieme, per rivendicare il nostro ruolo, a livello professionale e sociale. Secondo l’Istituto Piepoli, oltre 15.000 medici e odontoiatri sono colpiti da burnout. Un dato sicuramente sottostimato: secondo una metanalisi condotta su 55 studi pubblicati sui disturbi a carico dei medici dopo il primo anno di pandemia, una percentuale significativa di colleghi sta sperimentando alti livelli di sintomi di depressione e ansia. La prevalenza di depressione e ansia nei sanitari è rispettivamente del 20,5% e del 25,8%”.
Il presidente Anelli ha chiesto che la sindrome di burnout venga riconosciuta come malattia professionale, anche perché ” la perdurante mentalità aziendalista che pervade il Servizio sanitario nazionale, tutta concentrata solo sui risultati economici, non ha permesso di mettere in atto iniziative tese a rilevare questo drammatico fenomeno, né tantomeno a interrogarsi su come prevenirlo e affrontarlo”.
La speranza è che venga rilanciato il Sistema sanitario nazionale in modo da superare disuguaglianze e disomogeneità nelle diverse aree del Paese, e per tale obiettivo, le richieste dei medici sono state sintetizzate in un manifesto di 20 punti sottoscritto da 15 sigle sindacali.
gc