Il gruppo di ricerca Gut-Brain Microbioma dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) di Roma ha aggiunto un nuovo tassello alla comprensione delle interazioni tra flora batterica intestinale e cervello, il cosiddetto gut-microbioma-brain axis, ambito di ricerca particolarmente importante per lo studio di processi infiammatori sistemici con conseguenti ripercussioni sul sistema nervoso centrale.
È, infatti, stato pubblicato sulla rivista Microbiome un articolo che valuta positivamente l’effetto terapeutico nel trattamento di disturbi come ansia e depressione di un mix di otto differenti ceppi batterici fisiologici normalmente presenti nella flora intestinale. Il crescente aumento di patologie legate a malessere psicologico, accentuato anche dalla pandemia di Covid-19, ha favorito un’ampia discussione in ambito scientifico in merito all’introduzione di terapie alternative e/o di supporto agli psicofarmaci, utilizzati solitamente per contrastare questi disturbi e portare a una stabilizzazione dell’umore. Questi medicinali, infatti, sono caratterizzati da diversi effetti collaterali, oltre al fatto che la loro prolungata assunzione può dare origine ad assuefazione e ridurne l’efficacia.
“Lo studio era focalizzato su un mix di probiotici già esistente in commercio per contrastare i processi infiammatori; la novità è stata il fatto di testare queste sostanze per il trattamento di sintomi di ansia e depressione provocati da stress post-natale in un modello murino”, spiega Stefano Farioli Vecchioli del Cnr-Ibbc, uno degli autori della ricerca. “I risultati ottenuti dal nostro gruppo (formato da Francesca De Santa, Carla Petrella e Georgios Strimpakos) dimostrano chiaramente come il trattamento per due settimane di topi adulti con il mix di probiotici, microrganismi caratterizzati da numerose proprietà benefiche, sia in grado di attenuare fortemente la disbiosi intestinale – cioè l’alterazione nella composizione e nella funzione del microbiota, l’insieme di microrganismi che vivono all’interno dell’intestino – e di fornire una potente azione ansiolitica e antidepressiva. Proprio la disbiosi intestinale, causata da differenti fattori endogeni e/o esogeni, nel corso della vita genera infiammazione cronica e amplifica le modificazioni dell’umore, come ansia e sindromi depressive. Infine, il nostro studio ha dimostrato che il mix di probiotici provoca una diminuzione dei processi neuro-infiammatori cronici e un miglioramento dei meccanismi di neuroplasticità, sotto forma di aumento della produzione di nuovi neuroni nell’ippocampo”.
Lo studio identifica, dunque, per un futuro uso nell’uomo, un nuovo ipotetico psicobiotico, ossia una sostanza che svolge un’azione benefica a livello intestinale agendo però, tramite l’asse intestino-cervello, anche sul Sistema Nervoso Centrale. “Studi clinici su pazienti con disturbi dell’umore dovranno confermare nell’uomo l’efficacia ansiolitica e anti-depressiva di questo mix di probiotici osservata nel modello murino. Tuttavia, riteniamo che la nostra ricerca supporti fortemente l’ipotesi che, in generale, gli psicobiotici possano rappresentare un’innovativa strategia terapeutica, in grado di coadiuvare e/o modulare i trattamenti farmacologici convenzionali”, conclude il ricercatore.
Allo studio ha collaborato anche il Dipartimento di scienza per gli alimenti, la nutrizione, l’ambiente (DeFens) dell’Università di Milano.