In Italia ogni anno circa 350 morti per annegamento, serve prevenzione

L’istituto superiore di sanità ha recentemente pubblicato i dati raccolti dall’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione, istituito dal Ministero della Salute, relativo alle morti avvenute in acqua nel nostro Paese. I numeri indicano che in media ogni anno in Italia muoiono 342 persone per annegamento, l’80% maschi. Altri gruppi a rischio sono gli adolescenti, soprattutto stranieri e, nelle piscine, i bambini con meno di 4 anni. Le principali cause sono la mancata supervisione e l’assenza di barriere e allarmi.

Sono circa 350 i decessi per annegamento, con 800 ospedalizzazioni e 60.000 salvataggi. Numeri importanti, ma che si possono ridurre: individuando le cause degli annegamenti (negli ambienti naturali sono soprattutto malori, correnti, fondali irregolari, sport acquatici e cadute), i luoghi dove avvengono, le condizioni che li determinano. I dati, insieme ad alcuni consigli utili per la prevenzione, sono contenuti nel primo rapporto sui lavori dell’Osservatorio pubblicato sul sito dell’Iss (il secondo è in via di pubblicazione).

Dal 2003 al 2020 i dati Istat indicano che sono morte per annegamento 6.994 persone, con una media annua di 389 decessi, scesa a 342 negli ultimi otto anni. Per la Società Nazionale di Salvamento che ha analizzato i dati della stampa nazionale dal 2016 al 2021 identificando 1.327 annegamenti: 857 sono avvenuti lungo i litorali marini e 470 nelle acque interne (laghi, fiumi, torrenti, eccetera).

Numeri importanti, ma che si possono ridurre: individuando le cause degli annegamenti (negli ambienti naturali sono soprattutto malori, correnti, fondali irregolari, sport acquatici e cadute), i luoghi dove avvengono, le condizioni che li determinano. E promuovendo, su questa base di informazioni, azioni di prevenzione per affrontare non una “inevitabile fatalità”, come ancora oggi vengono definite le  morti per annegamento,  ma una “malattia sociale”, come invece definiscono il fenomeno Fulvio Ferrara, Enzo Funari e Dario Giorgio Pezzini, del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, curatori del rapporto.

I bambini – continua l’istituto superiore di sanità – sono particolarmente soggetti agli annegamenti, per diverse ragioni: i più piccoli hanno un rapporto testa-corpo sfavorevole, con il capo relativamente pesante, tendono a gattonare anche in acqua e ad  avere un galleggiamento orizzontale prono e con la testa in basso. Inoltre, i bambini piccoli che stanno annegando non si agitano e non gridano aiuto.  I più grandi che già camminano hanno la tendenza a ricercare anche in acqua la posizione verticale cercando di restare a galla, ma lo fanno in modo scomposto, sommergendosi in pochi secondi. I dati Istat dal 2017 al 2021 riportano 206 decessi per annegamento tra i 0-19 anni, con una media di circa 41 decessi annui. Più dell’80% delle vittime sono maschi e il 47% ha meno di 15 anni.

Nel nostro paese – evidenzia l’Iss – gli annegamenti in piscina ammontano a circa 30-40 all’anno, prevalentemente tra i bambini. Per una indagine del Dipartimento Ambiente e salute dell’ISS condotta nel 2024 sul periodo 2019-2023 su un campione di 100 casi di annegamento fatale tra 0-19 anni il 46% di questi eventi è avvenuto in piscine, principalmente piscine domestiche, il 20% in mare e il 34% in acque interne con gli adolescenti immigrati che rappresentano il gruppo principale delle vittime, perché spesso non sono nuotatori e non conoscono le regole di sicurezza. Le principali cause sono la mancata supervisione e l’assenza di barriere e allarmi (i risultati completi dell’indagine sono in corso di pubblicazione su Rapporto Istisan dell’ISS). Prevenire gli incidenti in età pediatrica.

L’istituto superiore di sanità, sul proprio portale, elenca una serie di consigli utili per la prevenzione. Basta accedere al sito https://www.iss.it/.

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